Regolazione della portata e by-pass generale

Generalmente le reti di fognatura sono di tipo misto, cioè trasportano assieme le acque nere dei servizi igienici e quelle meteoriche. La prima operazione in un impianto di depurazione deve essere quindi limitare, in tempo di pioggia, la portata da trattare, scaricando nel corpo idrico il supero. Secondo la legislazione italiana, l’impianto deve accettare una portata massima pari a cinque volte quella media di tempo secco. La regolazione avviene per mezzo di un canale con sezione idonea a far transitare  la portata da avviare ai trattamenti, mentre la parte eccedente sfiora lateralmente. Una paratoia posta a valle del canale di sfioro, da attivare in casi eccezionali,  consente di escludere tutti i trattamenti successivi.

Sollevamento preliminare

Poiché le reti fognarie corrono nel sottosuolo, è normale che il collettore terminale giunga all’impianto ad una certa profondità dal piano di campagna. E’ quindi consuetudine che i reflui debbano essere preliminarmente sollevati per portarli ad una quota sufficiente a permettere lo snodarsi per gravità delle successive fasi di trattamento. Le apparecchiature elettromeccaniche abitualmente impiegate per il sollevamento sono le pompe centrifughe sommergibili o a secco e, per piccole prevalenze, le coclee.  Per limitare i consumi energetici, è buona norma suddividere la portata massima da sollevare su più unità, in modo da avere in funzione solo quelle strettamente necessarie, a seconda della necessità.

Grigliatura meccanica

La fase di grigliatura ha lo scopo di distogliere dai reflui i corpi in sospensione, che potrebbero causare ostruzioni, sedimenti o intasamenti in molte componenti dei trattamenti che seguono (pompe, tubazioni, diffusori d’aria, ecc.).

Per questa operazione si possono installare apparecchiature di vario tipo: griglie a pettini, a nastro continuo, a gradini, a coclea.  Tenuto conto dell’importanza che questo trattamento riveste ai fini dell’efficienza dell’impianto, la tendenza è ad adottare griglie con elevata capacità di separazione, con dimensione delle maglie di pochi millimetri. Il materiale grigliato, preferibilmente compattato per diminuirne il grado di umidità, viene smaltito come rifiuto solido urbano.

Dissabbiatura e disoleatura

I reflui di fognatura urbana provenienti da reti miste contengono anche materie in sospensione, di natura prevalentemente inorganica, che per la loro dimensione minuta non possono essere trattenute dalle griglie, e che è opportuno eliminare poiché possono depositarsi nei bacini dei successivi trattamenti epurativi. Sono materie comunemente definite come “sabbie”, che provengono in massima parte dal naturale lavaggio delle sedi stradali durante le piogge, ma anche ogni altro prodotto affine per consistenza e peso specifico, proveniente da attività domestiche. Per la separazione dalla fase liquida si fa ricorso alla loro facilità di sedimentazione, grazie all’elevato peso specifico, in bacini nei quali viene insufflata aria dal fondo per mantenere uno stato di lieve turbolenza, sufficiente a mantenere in sospensione le sostanze organiche (più leggere) senza impedire la decantazione delle sabbie (più pesanti).

L’estrazione delle sabbie depositate avviene per mezzo di un elevatore pneumatico (air-lift), alimentato dalle stesse soffianti che assicurano l’agitazione nel bacino. Le sabbie vengono smaltite in discarica.

Assegnando al bacino di dissabbiatura areata una opportuna forma geometrica, si può realizzare congiuntamente anche la disoleatura dei reflui, cioè la separazione per flottazione delle materie grasse ed oleose normalmente originate dalle attività domestiche. I residui separati nel trattamento (oli, morchie, schiume ecc.) sono ripresi da pompe a coclea ed avviati al trattamento di stabilizzazione aerobica o all’ispessimento dei fanghi.

Sedimentazione primaria

La sedimentazione primaria si prefigge lo scopo di trattenere i reflui in appositi bacini per il tempo sufficiente ad ottenere la separazione dai reflui delle materie organiche decantabili. Con questa fase di trattamento si ottiene una riduzione della sostanza organica valutabile in circa il 25%, con un limitato costo di esercizio poiché il consumo di energia è circoscritto al funzionamento di poche apparecchiature di esigua potenza. I fanghi che hanno origine da questo trattamento sono facilmente putrescibili, e pertanto devono essere avviati ad una successiva procedura di digestione o di stabilizzazione aerobica. Questa particolarità ne esclude l’applicazione agli impianti di piccola potenzialità, che solitamente adottano il processo a fanghi attivi a basso carico (aerazione prolungata), trattamento che non richiede queste due ultime fasi.

Denitrificazione

La denitrificazione ha lo scopo di ridurre entro i limiti stabiliti dalle leggi la concentrazione di Azoto nitrico (NO3) prodottosi per ossidazione dell’Azoto ammoniacale (NH4) nel corso del trattamento di ossidazione-nitrificazione. Il processo, di tipo biologico, si svolge in bacini nei quali i reflui sono mantenuti in condizioni di anossìa, ovvero in stato di carenza di ossigeno disciolto, in modo che le masse batteriche possano trarre l’ossigeno per la propria sopravvivenza dalla molecola di NO3, liberando l’Azoto che si immette in atmosfera. La denitrificazione è un processo complesso, poiché si svolge in due fasi successive ad opera di specie diverse di batteri che trasformano dapprima l’NO3 in NO2, e poi scindono l’Azoto dall’Ossigeno. Il processo si svolge in bacini nei quali i reflui grezzi vengono mantenuti in stato di turbolenza per assicurare condizioni di uniformità al processo ed evitare fenomeni di sedimentazione. La turbolenza è assicurata da agitatori sommersi ad elica (mixer) che non provocano l’introduzione di ossigeno atmosferico. I bacini sono alimentati dai reflui grezzi, dai fanghi di supero estratti dalla sedimentazione finale, e dallo stesso miscuglio contenuto nei bacini di ossidazione (mixed-liquor) prelevato dalla parte terminale e riciclato in testa.

Ossidazione E nitrificazione

Il processo biologico è un mezzo di eliminazione della sostanza organica secondo meccanismi analoghi a quelli di autodepurazione che si svolgono nei corsi d’acqua. La differenza fondamentale consiste nel fatto che il trattamento avviene in bacini costruiti appositamente e con concentrazioni batteriche molto più elevate per cui le trasformazioni si svolgono con velocità e con rendimenti molto maggiori. Caratteristica principale del processo biologico è l’utilizzazione dell’ossigeno disciolto (DO) da parte di microrganismi dispersi nella massa del liquido che si aggregano in colonie a formare dei fiocchi, cioè piccole masse gelatinose che per il loro aspetto vengono definite “fanghi”, attivi in quanto vivi e dotati di capacità di eliminare gli inquinanti.

I fanghi attivi raccolti nei successivi bacini di sedimentazione finale vengono rapidamente ricircolati nei bacini di ossidazione (dopo il passaggio in denitrificazione) per mantenervi la concentrazione prevista. Questo processo costituisce il cuore di qualunque impianto di trattamento biologico, poiché permette di ottenere la riduzione dei principali parametri di inquinamento dei reflui urbani: BOD5, COD, NH4. Il trattamento si svolge i bacini nei quali vengono mantenute le condizioni favorevoli per lo sviluppo delle masse batteriche aerobiche protagoniste del procedimento. I principali requisiti necessari per il buon funzionamento sono: mantenere una adeguata concentrazione di DO nel miscuglio dei fanghi ed agitare vigorosamente il liquido in modo che tutta la massa liquida partecipi allo svolgimento del processo epurativo. Entrambe queste condizioni possono essere soddisfatte con vari mezzi: aeratori meccanici di superficie o sommersi,  insufflazione di aria dal fondo del bacino con diffusori a bolle fini.

Defosfatazione

L’azione di eutrofizzazione causata dal fosforo contenuto nei reflui fognari immessi nelle acque lacustri, ha portato la legislazione a stabilire per questo parametro limiti allo scarico sempre più ridotti. Poiché i normali processi biologici a fanghi attivi non risultano sufficienti a soddisfare queste esigenze, si devono introdurre procedimenti specifici di precipitazione chimica per mezzo di reattivi (sali di Ferro, Alluminio, ecc.).

Disinfezione

Il trattamento di disinfezione finale reso d’obbligo dalla legislazione vigente, si propone di ridurre la carica batterica patogena nei reflui depurati prima dell’emissione allo scarico. I procedimenti più comunemente adottati prevedono il contatto dei liquami con un agente sterilizzante (usualmente Cloro e suoi composti, ovvero Acido Peracetico) in un apposito bacino.

Altro sistema, più raffinato e costoso, è l’esposizione per brevissimo tempo dei reflui alle radiazioni di lampade UV.C.

Filtrazione finale

Il rispetto dei limiti di emissione dei Solidi Sospesi Totali può richiedere un trattamento specifico di abbattimento, che usualmente avviene grazie al passaggio attraverso tele in materiale sintetico poroso. Le tele sono installate in rulli o dischi che meccanicamente vengono lavati in controcorrente.

Sedimentazione finale e ricircolo dei fanghi

La funzione della sedimentazione finale è di separare dal mixed-liquor i fanghi attivi (che sono riportati a monte del processo biologico) dal liquido ormai depurato. I bacini di sedimentazione finale possono avere sviluppo planimetrico a pianta circolare o rettangolare, ma sono comunque sempre dotati di sistemi di raschiamento meccanico automatico dei fanghi decantati sul fondo, per convogliarli verso le pompe che ne assicurano il ricircolo al processo biologico. Le caratteristiche dimensionali dei bacini di sedimentazione finale devono assicurare carichi idraulici superficiali e tempi di ritenzione adeguati per ottenere un effluente privo di solidi in sospensione. I bacini possono anche essere provvisti di sistemi di raccolta dei materiali galleggianti, che vengono ripresi da pompe a coclea ed avviati al trattamento di stabilizzazione aerobica o all’ispessimento dei fanghi.